domenica 17 novembre 2019

Quando un Pino cade

Ero pronto a partire con il primo "vero" post di questo blog, ma visto l'evento meteo che ha colpito le mie zone (per non dire l'Italia intera) non posso non soffermarmi sul crollo di uno dei Pini secolari di Errano (tutelati dalla regione E.R.) che è avvenuto proprio questa notte. E prima di generare mostri e qualunquismi più o meno diffusi è bene fare chiarezza. 
Ma prima di tutto una premessa...
I Pini (Pinus pinea) secolari di Errano sono un grande complesso di alberi che si trova poco fuori l'abitato di Faenza in direzione Brisighella-Marradi. E' un insieme tutelato dalla regione Emilia Romagna e ha un enorme valore paesaggistico sia a livello compositivo che a livello di dimensioni/età acquisita. Sono alberi maturi (stadio morfofisiologico 7-8) che hanno subito dal dopoguerra diverse vicissitudini soprattutto a livello pedologico.


I Pini di Errano fino al 2017

In prima battuta fu costruita una strada asfaltata (oggi provinciale) e cominciarono le prime lottizzazioni (che andranno a costituire la frazione di Errano) che di fatto hanno stravolto il "complesso pedologico" rimasto pressochè intatto fino agli anni 50. Poi con l'evoluzione delle tecnologie agricole aumentò, per i pini rimasti nel complesso rurale, non solo il calpestio con pesanti mezzi agricoli , ma anche le profondità delle lavorazioni e la regimazione delle acque meteoriche cambiarono: su questi terreni argillosi , i Pini hanno cominciato ad avere una forte compattazione del terreno e di conseguenza anche i ristagni radici annessi. Per ultimo, agli inizi del 2000 fu costruita una pista ciclo-pedonale che ha debilitato ulteriormente il plesso radicale, sia da un punto di vista fisiologico che da un punto di vista meccanico, andando ad alterare ancor di più la permeabilità delle acque meteoriche (di fatto adesso il ristagno idrico è persistente per tutto l'inverno) e la capacità di resistenza al taglio dell'apparato radicale. 
A causa di alcuni crolli che interessarono da lì in avanti alcuni Pini, Giovanni Morelli e Pierre Raimbault condussero uno studio approfondito e meticoloso su questo "complesso", denunciando "pro e contro" degli alberi in questione.

Da quel meraviglioso studio si è cominciato una serie di interventi che andavano da abbattimenti a cure in quota tramite potature e cablaggi che investirono i Pini di Errano nell'anno 2011. Ma ahimè, come spesso succede, dopo questo intervento non vennero fatti non solo le cure culturali programmate, ma i controlli a seguire.
E veniamo agli ultimi due anni.
A metà novembre 2017 un Pinus pinea del complesso di Errano si ribalta sulla statale: era un pinea che doveva essere abbattuto da almeno 5-6 anni come da prescrizione (il vigore vegetativo diceva molto su questo esemplare) e di cui non si è ben capito come mai non sia stato fatto l'abbattimento in questione. Da questo episodio così forte ne conseguì una forte "paura" verso questi alberi, tant'è che nel 2018 furono eliminati diversi Pini vicino ad abitazioni per via delle pressioni esercitate dai vari proprietari dei Pini. Inoltre vennero abbattuti altri Pini nel plesso rurale, andando a modificare in maniera significativa l'habitat dei Pini che fino allora si facevano forza "l'un l'altro" una volta in gruppo: di fatto dovevano sperimentare altre tipologie di venti ed eventi meteo una volta eliminati i "vicini" di una vita. Fino a che ieri, in una notte piovosa, a distanza di due anni un Pinus pinea si sdraia sulla strada.

Il Pino caduto nella nottata del 17 novembre 2019
Ma come mai? Perchè un Pino che ha oltre un secolo di vita, che ha sperimentato in questi anni centinaia di venti si può ribaltare con una pioggia e un vento che non è arrivato nemmeno a 40km/h? Come può un gigante che ha retto il nevone del 2011 e del 2012 e i venti di Santo Stefano del 2001 cedere per così poco? Per capire cosa è successo bisogna capire cos'è un Pino, come si comporta, per quali terreni è progettato. 
  • Il Pinus pinea è una gimnosperma che normalmente ha nel suo corredo genetico e strutturale uno dei più grandi fittoni (radice specializzata che penetra in profondità) che natura ha fatto. I problemi che riguardano spesso la formazione o la estromissione di questa radice "specializzata" sono innumerevoli: zollatura in vivaio, terreni compattati (argillosi o impermeabilizzati), terreni saturi di acqua, terreni non idonei con la specie, potature. Sì anche le potature se vengono fatte a "membro canino" influiscono sulla formazione, o meno, delle radici (e delle loro tenute) e di conseguenza se fatte in maniera drastica anche sulla formazione (e tenuta) del fittone.
    Un fittone di un Pino alto nemmeno 3m tenuto in mano da Giovanni Morelli!
  • Le radici superficiali che tanto rompono le balle a ciclisti, pedoni, macchine, alligatori e chupacabra, sono i noduli, ovvero rigonfiamenti di radici avventizie che permettono una maggiore stabilità laddove ci sono condizioni non idonee alle radici. Maggiori pressioni o maggiore impermeabilizzazione, porta a maggiori noduli. Fresarli o asportarli significa diminuire la sua possibilità di tenuta ad eventi meteo.
  • I pini vanno in pineta! Ovvero? Nelle zone vicino alle nostre spiagge! Questo si sente sui Pinea.
    Nulla di più errato! Sfatiamo il mito: il pinea non è un albero da sabbia!! Per quello c’è il Pinus pinaster (pino marittimo), mentre per stare aggrappato alle rocce (come al Conero) c’è il Pinus halepensis (Pino d’Aleppo). Il Pinea viene dalle zone ruderali ghiaiose (e qui capite bene a cosa serve una struttura con una grande radice che penetra in profondità a causa del substrato ghiaioso che è incoeso). E qui che dà le migliori performance per sé e per i suoi consimili. Ciò non vuol dire che non si adatta (vedete per l'appunto il viale dei Pini di Errano) ma come si può capire le sue esigenze non combaciano con certi suoli in cui inseriamo questi alberi.
    Pini nati spontaneamente su detriti rocciosi sull'isola di La Palma delle Canarie
  • Potare il Pino? Anche no! Oramai tutto il mondo tecnico e scientifico ha appurato che meno si toccano i pinea e maggiori sono le performance a livello meccanico e fisiologico. Il pinea si comporta in maniera molto aerodinamica nei venti dovuta alla sua struttura della chioma (ancor di più negli stadi avanzati per via della sua architettura a disco), tant’è che spesso noi arboricoltori professionisti, salvo difetti di una certa entità o pericoli incipienti, difficilmente eliminiamo anche secco di certe dimensioni in quanto parte integrante della struttura della chioma. Mettere mano sulle parti verdi addirittura è molto complesso, rischiando di mettere a mmò di “domino” una serie di problematiche strutturali di non poco conto… anche il ribaltamento tanto per capirci.

Capite bene che con questi presupposti, ovvero un albero che non ama terreni asfittici, argillosi e saturi di acqua, fà fatica a dare performance che naturalmente avrebbero pochi eguali nel mondo degli alberi. E di fatto guardando la zolla del Pino caduto si vede una saturazione di acqua elevata e l'assenza del fittone (che ricordiamo lo accompagna fino alla fine della sua vita) che denota propria i difetti delle operazioni che sono state perpetrate su questo albero: tagli alle radici per la ciclopedonale, ristagni di acqua aumentati, regimazione delle acque cambiata nel corso degli anni, impermeabilizzazione dovuta al calpestio dei mezzi meccanici  e conseguente morte anche delle radici fascicolate.
Il ristagno idrico che perdura in questi terreni


Carie sul fittone

Cosa si può fare?
Con questi presupposti (tagli alle radici, pavimentazioni, impermeabilizzazioni, cambi di terreno, regimazione delle acque del tutto assente o modificata) è facile condannare un Pino negli anni. Anche perchè spesso a caricare l'arma, soprattutto per gli alberi, si trova ad anni e anni di distanza dall'accaduto e spesso i colpevoli hanno ben altri interessi che garantire la massima intangibilità di alberi che hanno visto passare due guerre e diverse generazioni di persone.  Il capro espiatorio è e rimarrà la pallottola… ovvero il Pino. Poco importa se a monte non si interpellano le figure professionali di riferimento e si seguono non solo alla lettera le prescrizioni generate, ma anche i vari ricontrolli che dopo ogni evento meteo di un certo spessore dovrebbe esserci. Tanto loro sono i soliti soloni pagati lautamente che alla fin fine, non combinano un tubo e non hanno mai lavorato (!!!) in vita loro.
Non importa. Tanto direte che sono troppo grandi, vanno in pineta, hanno radici fragili e piccole. Questo vi interessa. Non vi interessa mantenerlo per come ci è stato lasciato e lasciarlo alle generazioni future meglio di prima.
Del resto un Pino, come tutti gli alberi, non devono cadere o avere dei problemi. Deve stare in piedi ad ogni costo e dopo mille sevizie, non deve cadere una foglia o un ago a terra, non deve essere alto e non deve allargarsi troppo. In pratica.... non deve esistere. Un pino è un reietto. Qualcosa che va eliminato.
Invece ve lo dico io cos'è... è un albero incredibile con delle peculiarità uniche. Che si adatta in condizioni dove nessun'altro andrebbe a radicarsi. E' un albero che caratterizza e caratterizzerà il nostro paesaggio nazionale e che basterebbe comprenderlo per capire ciò che si può e non si può fare con lui. Facile abbattere. Facile dire "e se cade?", "se muore qualcuno?" quando in un anno ci sono 6-8 persone morte sotto gli alberi (con una probabilità di 1/10.000.000), quando non calcoliamo che ci sono più probabilità di rimanere secchi in un incidente stradale (1/45.000) proprio su quella strada di cui tanto vi preoccupate, quando il vero pericolo in realtà forse più che il Pino siamo noi! Facile no? Del resto è così che si fà no? Eliminiamo il problema, senza che ci interessiamo di conoscere il problema, in modo che non si riproponga. Quando in fin dei conti il problema siamo noi. Facile puntare il dito senza conoscere la causa. Facile parlare di alberi senza conoscerli.
Del resto sono solo Pini e quando cadono, cadiamo tutti noi...

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