venerdì 13 marzo 2020

Cos'è la potatura - Parte 1


E' molto difficile discernere in maniera completa e ben definita sul cos'è una potatura. Ancor di più quando parliamo di potature sugli alberi. Ci sono N-mila libri a riguardo e per quanto sia ancora ad oggi, qualcosa che sia ben intuibile verso chi non ha conoscenze tecniche alla mano e a ha in cura questi esseri viventi, c'è quasi poco o nulla.

Pur semplificando e generalizzando un argomento che in realtà non basta mila e mila pagine per argomentarlo a sufficienza, cercherò di spiegare almeno le basi di questa tecnica tanto usata o, come dico io, "fin troppo spesso (scriteriatamente) abusata".



Partiamo da un pre... la potatura è stata per lo più utilizzata per logiche produttive dai nostri avi ad oggi, vuoi per questioni alimentari (es. frutta), vuoi per riscaldamento (es. legna da ardere), vuoi per foraggiare gli animali (es. fogliame), vuoi per usi vari (vimini per esempio). In tutto questo c'era sempre un obiettivo prima che un azione compiuta: capitozzerò un albero da frutta in modo tale che l'albero stesso legga tale pratica come un danno (e stress) e cominci a produrre "dna" (frutta) in grande quantità; questa "falsatura" può durare per diversi anni, in modo che l'albero, così stressato, mi possa garantire un elevata fruttificazione, ma, dopo qualche anno sarò costretto ad eliminare il tutto in quanto energeticamente non ha più le forze non solo di fruttificare, ma di compiere anche le proprie funzioni fisiologiche e meccaniche. Un albero trattato così dura di fatto tra i 15 e i 20 anni. Poi è da abbattere...
Perchè faccio questa postilla? Beh, è semplice. Fino agli anni 60-70 non avevamo grandi conoscenze tecniche su come si doveva gestire un albero, soprattutto a fronte di una sempre maggiore espansione urbana che costringeva ad amministratori e a privati di implementare spazi verdi per mitigare livelli di cementificazione e impermeabilizzazione molto importanti (e che oggi ci trasciniamo dietro). 



Così l'albero fu messo ovunque e spesso in spazi poco felici per l'albero stesso. E l'unico modo per gestirli era anche l'unica tecnica che in realtà si conosceva allora: la capitozzatura. Una pratica che deriva dalla agricoltura trasportata per fini di gestione degli alberi. E perchè questo? In primis per questioni dimensionali, alberi troppo grandi per spazi molto piccoli, e in secondo luogo per prevenire problematiche meccaniche insite negli alberi. Ma è davvero la soluzione giusta? Assolutamente NO! La capitozzatura è una pratica che ha un forte rovescio della medaglia:


  • Innanzitutto eliminando l'apice o gli apici dell'albero abbiamo come stracciato il libretto delle istruzioni dell'albero: l'apice (o gli apici) sintetizzano degli ormoni che gerarchizzano i rami sottostanti, mantenendo un alto grado di organizzazione. Eliminarli in toto significa creare un elevata disorganizzazione delle parti e creare dei ricacci che non hanno più un controllo ormonale. Disorganizzazione che provoca nuovi rami mal inseriti e in soprannumero. Rami che nel tempo avranno maggiori problematiche di quelli preesistenti. Rami che nel tempo diventeranno branche e tronchi, con tutte le problematiche "aumentate" del caso.


  • Se si effettuano tagli a capitozzo come nella foto sottostante, le superfici esposte saranno preda facile dei funghi cariogeni, che andranno a "distruggere" sistematicamente il legno presente. Maggiore è l'estensione del legno "leso", maggiore è la possibilità e la disponibilità per i funghi di attaccare le parti esposte.


  • Eliminare così tanta vegetazione, creare dei tagli così in abbondanza e cospicui, significa andare a spremere le riserve energetiche dell'albero. Un albero per far fronte all'avanzata dei vari patogeni dovrà mettere in atto una serie di barriere biochimiche che impongono un prelievo di "riserve energetiche" cospicuo, idem per riformare la vegetazione andata persa. Un albero non può sopravvivere senza foglie e dovrà anche quì dare a fondo a tutte le riserve disponibili per ricreare nella seguente stagione vegetativa una vegetazione atta ad assolvere ai fabbisogni energetici  dell'albero con la fotosintesi. Un albero debilitato dal punto di vista energetico è un albero che non può che non avere solo ed esclusivamente dei problemi, soprattutto se nel breve-medio periodo dovessero accadere nuove problematiche da affrontare (un forte vento che spezzi la chioma o un forte attacco biotico). Anche perchè spesso chi crea da lì a poco dei problemi è nuovamente l'uomo.... con una capitozzatura.


  • Abbassare un albero con l'intento che da lì in avanti non abbia delle problematiche dovute alla rottura di rami, branche o addirittura allo sradicamento dello stesso è fuorviante. L'altezza, come la larghezza, è un parametro, non una problematica. L'albero è geneticamente improntato ad essere "grande" e assolve in termini meccanici questo "gigantismo" con una serie di meccanismi atti a renderlo stabile nel tempo. Ridurre un albero "a prescindere" è la chiave di volta per avere l'esatto opposto rispetto a quello che volevamo ottenere: un albero capitozzato ricorrerà ad un'autoriduzione dell'apparato radicale, con buona pace anche in termini di ancoraggio al suolo, ed inoltre con l'aggiunta di una vegetazione che, come detto sopra, sarà inserita peggio, in soprannumero e su sedi cariate non può che essere deficitaria sotto questo punto di vista. Il cercare di diminuire un "presunto" rischio di rottura o ribaltamento con un capitozzo, aumenta di fatto il rischio di rottura e ribaltamento dell'albero. Infine, ma non per ultimo, i nuovi rami inseriti saranno molto verticali e poco inclini alla deformazione, elemento cardine per far fronte ad eventi meteo, così da aumentare la resistenza al vento: in questo modo potremmo equipararla ad una vela che fa del suo punto di forza l'intercettare il vento per muoversi, cosa che non vuole un albero! Un albero ha bisogno di deformazione! Irrigidire un sistema come un albero significa in pratica maggior facilità di rotture in quota e di ribaltamento al piede.


  • Capitozzare un albero aumenta la vegetazione nel breve periodo. Se il nostro intento è quello di contenere la massa fogliare non è con il capitozzo che si elimina il problema, anzi. Eliminare così tanta vegetazione ripropone non solo la medesima quantità di foglie (un albero a cui si eliminano 100 foglie le rivorrà comunque tutte e 100) ma addirittura di più! Proprio in virtù del maggiore stress e dei tagli da surrogare con barriere biochimiche, l'albero dovrà emettere maggiore vegetazione proprio per questo motivo. Maggiore vegetazione, maggiori foglie...


  • Un albero capitozzato richiede intervalli di gestione maggiori a quelli curati in maniera adeguata. Se un albero fino agli stadi prossimi alla maturità gestito correttamente i tempi di ritorno sono tra i 7-10 anni, su un albero capitozzato si deve intervenire, a meno di non sperare nella buona sorte, dopo 3-5 anni. Intervalli che mettono a nudo anche costi di gestione maggiori. In pratica si paga per avere un albero più pericoloso, più stressato e maggiormente esoso in termini gestionali/economici. 

  • Un albero capitozzato è brutto! Antiestico! Deprimente! Poi i gusti sono gusti per carità, ma non diciamo che un albero capitozzato è equiparabile ad un albero non capitozzato o gestito adeguatamente.




Questo solo per semplificare le principali problematiche di tale pratica, ma veniamo a cosa si può fare allora e a cosa serve la potatura...

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